Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno puo’ contrarre matrimonio, redigere testamento e compiere atti di donazione?

Cos’è l’amministrazione di sostegno?
L’amministrazione di sostegno è un istituto di protezione, specificamente previsto e disciplinato dagli artt. 404 – 413 del cod. civ., volto a garantire l’assistenza di una persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi.
Nella casistica ricorrente risultano affiancati dall’amministratore di sostegno persone anziane incapaci di provvedere alla proprie necessità  a causa delle proprie condizioni psico-fisiche e versanti in una situazione di solitudine o di gravi conflitti familiari, ed ancora soggetti per varie ragioni “deboli” che necessitano del sostegno di una figura di riferimento per gestire i propri interessi personali e patrimoniali.
L’amministratore di sostegno viene nominato dal Giudice Tutelare del luogo in cui il soggetto bisognoso ha la residenza o il domicilio. La nomina può essere richiesta dall’interessato stesso, dai parenti oltre che dal Pubblico Ministero  anche, come spesso accade, su segnalazione dei responsabili dei servizi sanitari e sociali.
La scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario.
L’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata.
In mancanza, ovvero in presenza di gravi motivi, il Giudice Tutelare può designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso (spesso selezionato da un elenco di avvocati che hanno reso la propria disponibilità presso il Tribunale del Foro di appartenenza).
Nella scelta, il Giudice Tutelare preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario.

Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno (generalmente indicati dal G.T. nel decreto di nomina) e può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana.
Il giudice tutelare, nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, può disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato, si estendano al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, avuto riguardo all’interesse del medesimo ed a quello tutelato dalle predette disposizioni.
Nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario.
L’amministratore di sostegno deve tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonché il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso.
In caso di contrasto, di scelte o di atti dannosi ovvero di negligenza nel perseguire l’interesse o nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario, questi, il pubblico ministero o gli altri soggetti di cui all’articolo 406 possono ricorrere al giudice tutelare, che adotta con decreto motivato gli opportuni provvedimenti.
Gli atti compiuti dall’amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge, od in eccesso rispetto all’oggetto dell’incarico o ai poteri conferitigli dal giudice, possono essere annullati su istanza dell’amministratore di sostegno, del pubblico ministero, del beneficiario o dei suoi eredi ed aventi causa.
Possono essere parimenti annullati su istanza dell’amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l’amministrazione di sostegno.

Titolo

Premessa la normativa codicistica sull’istituto dell’A.D.S. come sinteticamente richiamata, chiarito che il soggetto beneficiario conserva la propria capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno, nella prassi giurisprudenziale è stato posto il quesito della capacità del beneficiario di contrarre matrimonio, di fare testamento e compiere atti di donazione.
Il predetto quesito è stato risolto, positivamente, dalla giurisprudenza che ha confermato la capacità dell’amministrando di contrarre matrimonio, di fare testamento e compiere donazioni.
Tale capacità, tuttavia, può essere limitata con un provvedimento del Giudice Tutelare, su istanza dell’amministratore di sostegno, quando sussistano fondate ragioni di tutela degli interessi del beneficiario stesso.
Quanto alla capacità di testare e di donare, con una recente sentenza, la Suprema Corte ha stabilito che “in tema di amministrazione di sostegno, il giudice tutelare può prevedere d’ufficio, ex artt. 405, comma 5, nn. 3 e 4, e 407, comma 4, c.c., sia con il provvedimento di nomina dell’amministratore, sia mediante successive modifiche, la limitazione della capacità di testare o donare del beneficiario, ove le sue condizioni psico-fisiche non gli consentano di esprimere una libera e consapevole volontà.
Infatti – esclusa la possibilità di estendere in via analogica l’incapacità di testare, prevista per l’interdetto dall’articolo 591, comma 2, c.c., al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, ed escluso che il combinato disposto degli articoli 774, comma 1 e 411, commi 2 e 3, c.c., non consenta di limitare la capacità di donare del beneficiario – la previsione di tali incapacità può risultare strumento di protezione particolarmente efficace per sottrarre il beneficiario a potenziali pressioni e condizionamenti da parte di terzi, rispondendo tale interpretazione alla volontà del legislatore che, con l’introduzione dell’amministrazione di sostegno, ha voluto realizzare un istituto duttile, e capace di assicurare risposte diversificate e personalizzate in relazione alle differenti esigenze di protezione (cfr. Cassazione civile sez. I, 21/05/2018, n.12460)
Quanto alla capacità di contrarre matrimonio, in materia matrimoniale la regola è quella della incoercibile libertà di contrarre matrimonio essendo il diritto di sposarsi un diritto fondamentale della persona riconosciuto sia a livello costituzionale (art. 2 cost.), sia a livello sovranazionale.
La stessa pertanto non può subire limitazioni, come tali intollerabili, se non nei casi tassativamente previsti dalla legge.
Deriva da quanto precede, pertanto, che l’art. 85 c.c. (secondo cui non può contrarre matrimonio l’interdetto per infermità di mente) non può trovare applicazione nei riguardi del beneficiario dell’amministrazione di sostegno e deve di conseguenza escludersi la possibilità di un’invalidazione del matrimonio contratto dal beneficiario dell’amministrazione attraverso l’art. 119 c.c. (cfr. Tribunale di Modena sez. II, 18/12/2013).
I figli, ad esempio, non possono impugnare il matrimonio contratto dal padre ultraottantenne, beneficiario di amministrazione di sostegno, con la badante. Il divieto di contrarre matrimonio può essere imposto soltanto per via di interdizione (cfr. Cassazione civile sez. I, 11/05/2017, n.11536).
Tuttavia, quanto precede, peraltro, non esclude che in circostanze particolarmente stringenti il divieto di contrarre matrimonio possa essere imposto, dal Giudice Tutelare, al beneficiario dell’amministrazione di sostegno qualora ciò sia conforme all’interesse dell’amministrato (cfr. Cassazione civile sez. I, 11/05/2017, n.11536).

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